L’Amiata, il cui nome richiama, secondo le più accreditate interpretazioni, il nome Tinia, il signore delle divinità etrusche, è da sempre la montagna “incantata”, cara agli dei, luogo mistico per eccellenza, sorta di Olimpo toscano.
Terra di mistici, di profeti, di predicatori, e anche terra di papi e imperatori, costituì, fin da epoca romana,il passaggio pressoché obbligato per chi andava a Roma. Nel Medioevo, la strada di collegamento della direttrice verso la città dei pontefici, fu la Via Francigena o Romea o Francesca o di Roma.
Nel tratto di Francigena che lambiva l’Amiata (due le abbazie regie a custodia dei confini con lo Stato della Chiesa, San Salvatore e Sant’Antimo), fioriva una vita socioeconomica rigogliosa, teatro dei viaggi di famosi protagonisti della storia: Ottone I (962), la Contessa Matilde (1079), Federico Barbarossa (1155), Ottone IV (1210), Carlo II d’Angiò (1289), Arrigo VII, l’imperatore caro a Dante che nel 1313 trovò la morte a Buonconvento e Papa Pio II Piccolomini che del suo viaggio in Amiata ha lasciato illustre testimonianza.
L’importanza e l’antichità della Via Francigena è avvalorata anche dalla notorietà che assunsero, fin da epoca romana, i Bagni Vignoni e quelli di San Filippo con le loro acque termali,di Castiglione d’Orcia e di Campiglia d’Orcia e di Radicofani (anche a livello letterario ne parla Boccaccio con la novella dedicata a Ghino di Tacco). Per non parlare, poi, di santi e mistici che dovettero ben conoscere la zona e la strada Romea, come San Francesco, Santa Caterina da Siena e San Bernardino, i quali ebbero la sorte di percorrere anche le arterie di collegamento fra i borghi e i castelli più discosti dalla via principale.
Uno di questi tratti è la Vi’ Siena, una sorta di bretella della Francigena, che si distaccava da essa a Buonconvento e che, dando origine a sua volta ad altre deviazioni e tratti, diventa, seguendo l’animazione e la popolarità della Francigena, ugualmente conosciuta e percorsa dai pellegrini.
Un tratto della Francigena e le sue deviazioni, la presenza di Santi nel suo percorso, il misticismo della montagna amiatina, sono elementi mirabilmente sintetizzati in un dipinto della prima metà del secolo XV di Stefano di Giovanni, detto Sassetta (1392 – 1450), senza dubbio il principale pittore senese del primo ‘400.
Il Sassetta racconta Le nozze mistiche di San Francesco e Madonna Povertà (Musèe Condé, Chantilly), ambientando l’incontro leggendario e le mistiche nozze, in uno scenario amiatino, dove rocche, castelli, strade, fiumi, monti, antiche mura, sono perfettamente riconoscibili.
Il dipinto racconta il viaggio che San Francesco, in compagnia di un frate medico, nel 1226 fece da Rieti a Siena per curarsi un glaucoma agli occhi. Ai piedi dell’Amiata, vicino a San Quirico d’Orcia, gli apparvero tre fanciulle vestite di bianco (purezza), di rosso (obbiedienza) e di grigio (povertà). Il Santo inanella quest’ultima e poi le tre donne volano via, mostrando la loro angelicità.
La scena riproduce, partendo da sinistra in primo piano, la porta di San Quirico d’Orcia, Nel centro il tracciato della Via Francigena che attraversa la Val d’Orcia e che poi si divide in due parti: una va verso Campiglia, delineata biancheggiante su un poggetto e l’altra verso Radicofani, che si staglia sul profilo sinistro della montagna. Dietro le donne si riconoscono le mura di Bagno Vignoni e alle sue spalle Castiglione d’Orcia e la Rocca a Tentennano (che ospitò anche Santa Caterina). La montagna è raffigurata nelle sue sinuosità che vanno (leggendo leggendo a partire dalla sinistra) da Poggio Zoccolino alla Vetta, per poi scendere (sulla destra) alla Montagnola e a Poggio Pinzi.
Liberamente tratto da: Le vie della fede – Percorsi Francescani sull’Amiata [ Edizioni Effigi]