Le rocche aldobrandesche, famose per la loro grandezza e imponenza, hanno dominato e dominano tutt’ora la zona che si estende tra la Maremma, Il Monte Amiata e la Val d’Orcia; sono fortificazioni fatte erigere dalla nobile famiglia comitale degli Aldobrandeschi nel corso del Medioevo.
Di origine longobarda, gli Aldobrandeschi discendevano dai duchi di Spoleto Ildebrando e Mauringo e facevano parte della stirpe dei Re d’Italia Pralinando, Ansprando e Ildebrando. Il loro dominio nelle località di Colle Val d’Elsa, Santa Fiora, Arcidosso e Sovana venne pian piano meno, minato gradualmente dalla Repubblica di Siena, la quale ottenne la loro sottomissione nel 1331, dopo un assedio di sei mesi alla città di Arcidosso.
Caratteristica delle rocche aldobrandesche era la costruzione di un corpo di fabbrica principale, che avrebbe svolto la funzione di palazzo padronale, e di una torre attigua usata per avvistamenti o, se necessario, azioni difensive. Talvolta gli ampliamenti rendevano la rocca molto più articolata, permettendo di considerarla come un vero e proprio castello urbano, delimitato da una cerchia muraria indipendente e con fabbricati autonomi collegati tra loro, come nel caso del Castello di Montemassi e del Castello di Rocchette di Fazio.
Interessanti per aspetto e antichità sono le rocche situate in tre borghi molto importanti del Monte Amiata: Arcidosso, Piancastagnaio e Santa Fiora.
Il castello di Arcidosso, la rocca aldobrandesca che veglia sull’Amiata
Il Castello Aldobrandesco di Arcidosso è il più antico palazzo extraurbano di governo statale in Italia e uno dei più antichi in Europa. Qui risiedevano i Visconti del Monte Amiata nominati dal Marchese Ugo di Toscana. Esso domina la parte più alta del centro storico di Arcidosso, con la sua struttura in pietra e la sua torre visitabile, dalla quale si può ammirare il suggestivo scenario del Monte Amiata.
La costruzione fu avviata intorno all’anno 860, dalla famiglia Aldobrandeschi, su delle fondamenta preesistenti di origine longobarda. Quando, nel 1100, fu decisa l’edificazione della Torre Maestra, era già presente un palazzo in pietra di due piani risalente al 970-995. Seguirono altri ampliamenti, come le cinte murarie merlate, dotate anch’esse di torri. Gli ultimi interventi furono eseguiti dalla Repubblica di Siena nel 1332, l’anno dopo l’assedio che portò gli Aldobrandeschi a sottomettersi. Venne poi inglobato nel Granducato di Toscana nella seconda metà del Cinquecento, dopo la definitiva caduta di Siena.
Attualmente il castello aldobrandesco è sede di due musei: il Centro Studi Davide Lazzaretti, il profeta dell’Amiata la cui vita è stata portata in scena da Simone Cristicchi, e il museo sul paesaggio medievale che offre una presentazione estesa ed accessibile della storia archeologica locale e regionale. Accanto al castello, nel palazzo della ex cancelleria, ha sede il MACO, il primo museo di arte e cultura orientale della provincia di Grosseto. Il MACO è stato allestito in collaborazione con la comunità Dzogchen di Merigar.
Le due torri della rocca aldobrandesca di Piancastagnaio
A far compagnia alla rocca di Arcidosso vi è la rocca aldobrandesca di Piancastagnaio, paese collocato sul versante senese del Monte Amiata.
Conteso e rivendicato da molti sin dall’XI secolo, questo castello appartenne agli Aldobrandeschi fino al 1303, quando divenne possedimento della città di Orvieto, e successivamente passò alla Repubblica di Siena, tra il 1415 e il 1430, tempo in cui svolse la funzione di dimora del Capitano Senese.
Imponente e maestoso, questo castello salta subito all’occhio per la sua posizione attigua alla porta principale di accesso al centro storico. Esso ha forma di quadrilatero, con alte muraglie scarpate da cui si innalzano due torri, una più grande per la funzione di cassero, l’altra più piccola e posta all’angolo opposto, in funzione di difesa della già citata porta di accesso. La Rocca di Piancastagnaio aveva anche una cinta muraria circolare a protezione del paese, di cui adesso rimangono solo pochi resti, tra cui altre tre torri e le porte minori poste a sud, Porta Romana, Porticciola e Porta di Voltaia.
A Santa Fiora la rocca aldobrandesca è divenuta un palazzo
Se ad Arcidosso e a Piancastagnaio le rocche hanno mantenuto il loro aspetto tipicamente medioevale, per la rocca aldobrandesca di Santa Fiora non è così. Edificata intorno al mille nella piazza centrale del paese e divenuta sede del potere della Contea di Santa Fiora, grazie alla spartizione dei beni degli Aldobrandeschi, essa subì numerose modifiche nel corso del Cinquecento, a seguito del suo passaggio agli Sforza. Questa nuova famiglia nobile fece infatti costruire nuovi edifici residenziali e la trasformò nel Palazzo Sforza Cesarini.
Gli Sforza mantennero il controllo sul Palazzo anche dopo il 1624, anno in cui l’intero loro territorio entrò a far parte del Granducato di Toscana, in quanto venne loro riconosciuta una propria autonomia.
Attualmente il Palazzo Sforza Cesarini è sede del municipio di Santa Fiora, oltre ad avere anche una zona destinata ad appartamenti privati. Inoltre, dal 2002 ospita il Museo delle miniere di mercurio del Monte Amiata.
Esso è una imponente struttura costituita da vari corpi di fabbrica allineati e uniti nel corso del tempo tra loro. Quello che resta della costruzione medioevale è chiamato Palazzo Pretorio, nato dalle modifiche alla rocca aldobrandesca vera e propria. Appartenenti alle preesistenti strutture medioevali sono rimasti l’arco gotico e le due torri addossate: la Torre degli Aldobrandeschi e la Torre dell’Orologio.
La prima, a sezione quadrangolare e molto imponente, presenta strutture murarie in pietra con finestre distribuite su più livelli ed una serie di feritoie per scopi di difesa o attacco. La seconda, più bassa, presenta una sezione quadrata con basamento a scarpa cordonato e l’orologio da cui prende il nome è sistemato a metà altezza.
Come risultato di alcuni interventi nel corso dell’Ottocento, la parte alta è molto più elaborata della semplice Torre degli Aldobrandeschi: essa infatti è caratterizzata da una prima merlatura, poggiante su mensole, che racchiudono archetti ciechi e, sopra, da una torretta più piccola, coronata anch’essa da un’altra merlatura. Alla sommità della torre vi è una campana culminante con una croce.
Come le raggiungo?